mercoledì 3 marzo 2010

Il parrucchiere è un modo per riflettere


Giornata degradante e psicologicamente pesante. Si decide per incontrarsi in piazza fumarsi un paio di sigarette e sfogare tutto il male di vivere che chiude in una morsa il cuore.
Per motivi assai diversi siamo arrabbiate e la nostra mente riesce a formulare solo un pensiero VENDETTA, VENDETTA, VENDETTA.
Passiamo dal negozio di bottiglie solo per immaginare come sarebbe bello entrare, bersi un fiaschetto di chianti ed iniziare a spaccare tutto; ogni mezzo sarebbe lecito, se non fossimo in Italia ma in Giappone, dove, in questi ultimi anni, sono nate un sacco di agenzie che affittano locali arredati con il solo scopo di farli distruggere da persone afflitte da rush d’ira.
Estenuate da mille parole e soluzioni vane, si decide di andare dal parrucchiere; un ambiente enorme tappezzato di specchi ancor più grandi, dalle cornici barocche, sembra di entrare in un salone ottocentesco decadente popolato da giovanissimi parrucchieri che usano uno slang rapper per dialogare ed hanno delle creste da sembrare i cantanti dei Sex Pistols:
“Ciao, c’è tanto da aspettare, per un taglio?”-“Bella lì, se hai pazienza c’è un botto di gente, matranquy c’è posto!”-“Ok!”
Sedute su un divanetto in pelle dall’aria fetish, rimaniamo in silenzio pensando ai “picche” che ci avvelenano. La musica ci culla e sembra tranquillizzarci sussurrando: “passerà è un “due” passeggero, non preoccupatevi”, ma i nostri occhi vacui non sembrano recepire.
Intorno a noi pettinature afro, personaggi che sembrano usciti da video musicali di altri tempi, tu ti guardi allo specchio ma non sei tu, “No quella è una proiezione di come mi vedo io, non sono io, non sono io, non voglio essere io!”-“Ma tutti mi vedono così? Perché mi fissano, cosa vogliono da me? Cosa ho che non va?”- e subito mi viene in mente un passo di un libro letto molto tempo fa – Boys don’t Cry – di Ilja Stogoff : “Mi guardano tutti, come se avessi una tetta pelosa appiccicata sulla fronte!”- probabilmente è solo una mia impressione, proprio come quando guidando inizio a pensare che la macchina dietro mi stia inseguendo e schiaccio sull’accelleratore per scappare.
Le melodie si susseguono soffocate dai phon, i tagli delle forbici e l’acqua, le parole e le risa, il passato bussa alla mia porta facendo entrare S, come in un flashback rivivo il periodo in cui in Russia eravamo coinquilini e condividevamo la quotidianità dal sapore sovietico: lezioni, visite guidate treni d’altri tempi idiomi diversi… si avvicina e mi rendo conto che avevo rimosso il suo volto, il suo modo di parlare di fumare, è diventato piccolo borghese, si vergogna d’inezie come una risata troppo fragorosa per esempio, ma continua ad essere pacato e dolce. Mi rendo conto che attraverso i suoi racconti mi rende partecipe di un modo di vivere a me estraneo, e nella sua voce il presente il passato e le prospettive si confondono rendendo la mia persona ancora più vulnerabile.
“Oh è èil mio turno!”, continuiamo a parlare anche mentre ci massaggiano la testa, viaggi:Quebeck, Estonia, Belgio, Amsterdam tutti abbiamo un frammento per render partecipe l’altro delle nostre avventure anche il pivello che si sta occupando di noi e che intromettendosi nel discorso dice: “Io ad Amsterdam, ci stavo troppo dentro, mi son comprato un orologio troppo space, ci tornerei solo per questo!”.
• “come li vuoi i capelli?”-“fai tu, basta che mi lasci il ciuffo davanti lunghissimo”.
Chiaramente ora sono troppo corti, anche se davanti mi piacciono tantissimo, chi me li ha asciugati era spagnolo, Rubens, con una paura tremenda della fine del mondo che:
“succederà nel 2012, lo so, hai visto che già adesso la terra trema? Io ho paura”- e poi ore a parlare della sua terra, del deserto, della sua famiglia: “dopo 3 anni passati qui, ho bisogno di tornare alle mie radici, e poi se venisse il terremoto, qui è troppo saliscendi- ho paura!”.
“Grazie mille!Ciau!”- “Grazie a te, a presto!”.
Ma quel “a presto” mi sembra una cosa impossibile perché tu te ne vai ed io purtroppo continuo a rimanere ferma, e come una partita a scacchi e son il Re in scacco matto.
Dedicato a T.T.

2 commenti:

  1. Attenta! Il cicareccio che gira nei saloni dei parrucchieri è noto per le intromissioni capaci di uccidere anche i più reconditi ricordi piacevoli... Io, per esperienza ho imparato a glissare sulle domande personali e sugli interrogatori riguardanti gli amici (anche quelli che tali non sono più, per un motivo, per l'altro o per la loro semplice scomparsa).
    Evitiamo così di rovinarci una giornata... Se proprio non possiamo fare a meno di esternare tali frustrazioni personali, cerchiamo almeno l'interlocutore che ci sembra più adatto... Non saprei... La "Sig.ra Italia"?

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  2. @Loop:siiiii Incrostata!!!io solitamente faccio la psicologa dei lavateste!!!

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